(01/2020) D.LGS. 81/08 RISCHIO BIOLOGICO

LA COMUNICAZIONE BULIMICA COVID-19

di Sergio Vianello

articolo pubblicato su “Il Commerci@lista lavoro e previdenza” di Gennaio/Febbraio 2020

Dal punto di vista meramente tecnico, il titolo X° del Testo Unico della Sicurezza tratta l’argomento “rischio biologico” prendendo in considerazione “tutte le attività lavorative in cui vi è il rischio
di esposizione ad agenti biologici”
; l’agente biologico è classificato come microrganismo, coltura cellulare, endoparassita umano che potrebbe provocare infezioni, allergie, intossicazioni.
La valutazione del rischio1 dipende dalla Magnitudo (quantità di danno) e dalla Probabilità (probabilità che si verifichi il danno); come qualsiasi valutazione, anche quella che coinvolge il rischio biologico si attiene a questo concetto.
Occorre però precisare che esistono delle importanti differenze, in termini di gravità, tra diversi tipi di rischio biologico: anche la polvere che si deposita su una tenda espone le persone in prossimità ad un rischio biologico, ma lo stesso è trascurabile rispetto, ad esempio, al rischio biologico che del sangue infetto può causare.

Gli agenti biologici sono classificati dai
seguenti parametri:

  • infettività;
  • trasmissibilità;
  • patogenicità;
  • neutralizzabilità.

Inoltre, sono ulteriormente suddivisi in quattro gruppi, accomunati dal fatto che possono ingenerare patologie nell’uomo sano e dalla disponibilità di un vaccino efficiente:

  • primo gruppo: presenta poche probabilità di causare malattie in soggetti umani;
  • secondo gruppo: può causare malattie in soggetti umani e costituire un rischio per i lavoratori; è poco probabile che si propaghi in comunità; sono disponibili efficaci misure profilattiche o
    terapeutiche;
  • terzo gruppo: può causare gravi malattie in soggetti umani e costituisce un serio rischio per i lavoratori; può presentare un elevato rischio di propagazione in comunità ma di norma sono disponibili efficaci misure profilattiche o terapeutiche;
  • quarto gruppo: può causare gravi malattie in soggetti umani e costituisce un serio rischio per i lavoratori; può presentare un elevato rischio di propagazione in comunità ma non sono disponibili efficaci misure profilattiche o terapeutiche.

Ma il COVID-19 può essere considerato un rischio biologico?
Secondo la classificazione sopra menzionata, per classificare il corona virus quale rischio biologico, dovrebbe essere disponibile un vaccino efficiente (allo stato attuale non disponibile); inoltre, dovrebbero essere disponibili efficaci e certe misure profilattiche o terapeutiche proporzionate al danno (aspetto non ancora affinato). Unica certezza è che il COVID-19 ha un elevato rischio di propagazione.

Il d.lgs. 81/08 obbliga comunque il datore di lavoro alla valutazione di tutti quei rischi che fanno parte del processo lavorativo (rischi professionali), cioè quei rischi a cui è esposto il lavoratore nell’espletamento della sua attività lavorativa, nella sua specifica mansione e nella sua organizzazione aziendale.

Anche il rischio derivante dal COVID-19 può essere un rischio da valutare, ma solo se questo determina un incremento dei rischi rispetto a quelli che i lavoratori hanno già nella propria attività.

Ovviamente risulterà più semplice considerare l’incremento del rischio biologico per un operatore sanitario rispetto a un addetto ad uno sportello pubblico o ad un impiegato di uno studio professionale. A parità di magnitudo, la probabilità varia a seconda dell’attività svolta, l’unica certezza deriva dal fatto che, in assenza di un vaccino e di efficaci e certe misure profilattiche o terapeutiche, l’unica misura utile per migliorare il valore assoluto del rischio è quella di affidarsi alla prevenzione.

Diversa dalla valutazione è la percezione del rischio che è influenzata sensibilmente dalla comunicazione.
Gli eventi rari ma eclatanti sono sovrastimati rispetto ad eventi che attirano di meno l’attenzione, sebbene siano più frequenti.” (Illusione del controllo, Langer 1975)

In questo ultimo mese ci stiamo confrontando con la necessità di gestire un rischio straordinario e sul quale non abbiamo ancora il controllo, sappiamo solo che è particolarmente infettivo con un
elevato rischio di propagazione.
Le indicazioni relative alla gestione di questo specifico rischio sono di competenza degli organi di vigilanza sanitaria, eppure non possiamo trascurare tutte quelle che sono le implicazioni psicologiche derivanti da una situazione che viene percepita come completamente fuori dal nostro controllo.

Ecco alcuni degli elementi principali che influenzano la nostra percezione del rischio:

VOLONTARIO
oppure
INVOLONTARIO
(imposto da altri)
Si è osservata una tendenza a sentirsi immuni dal rischio se si è scelto di affrontarlo volontariamente
NOTO
oppure
OCCULTO
Il rischio che non è stato reso noto, una volta trapelato si trasforma fatalmente in rischio occultato, poi percepito come fortemente pericoloso e quindi fortemente ansiogeno
FAMILIARE
oppure
NUOVO
Si è osservata una tendenza alla sottovalutazione del rischio quando esso è familiare
NATURALE
oppure
ARTIFICIALE
(imputabile all’uomo)
Le calamità naturali sono percepite come maggiormente pericolose
In questo specifico caso ci troviamo di fronte a tutti gli elementi che possono portare a percepire emotivamente il rischio nel modo più negativo possibile.

Data la delicatezza della situazione, il ruolo della comunicazione da parte delle istituzioni e soprattutto dei media diventa fondamentale

Purtroppo, situazioni di questo genere possono essere facilmente manipolate in termini di comunicazione di massa e di conseguenza, possono sensibilmente influenzare stati emotivi e comportamenti delle persone.

I pericoli1 che possono derivare da una comunicazione trascurata possono essere così riassunti:

CARATTERISTICHEPOSSIBILI CONSEGUENZE
INSISTENTE
Bombardamento di notizie 24/24
Rimuginazione del pensiero sul tema e incremento dell’ansia. Negazione del tema perché percepito come troppo pervasivo e rischio di sottovalutazione dello stesso
NEGATIVA
A livello psicologico viene percepito differentemente dire che, ad esempio, “il 10% della popolazione è colpita” rispetto a “il 90% della popolazione è immune”
Insorgenza di allarmismo anche se non necessario
CONFLITTUALE ED AGONISTICA
dire: “il virus arriva dalla Cina” è diverso rispetto a dire “i cinesi sono portatori del virus”; nella pratica, può arrivare dalla Cina veicolato da chiunque
Genera paura e quindi rabbia nei confronti di ciò che non si conosce direttamente; rischio di violenza
È pertanto corretto e doveroso, per arginare ulteriori conseguenze negative di questa già difficile situazione con altre positive, indicare ciò che sarebbe opportuno fare, piuttosto che indicare ciò che non va fatto.

Comunicare in positivo significa usufruire dei seguenti vantaggi:

  • la frase grammaticalmente risulta più corta;
  • la frase concettualmente diventa più chiara;
  • sotto stress il carico cognitivo è molto alto, l’attenzione è distribuita ed il contesto è ostile.

Una frase in positivo arriva più facilmente all’individuo
Tutto ciò che viene espresso in negativo invece che essere ignorato acquista potere e si rafforza.

Ognuno ascolta solo ciò che capisce

Wolfang Goethe


La percezione del rischio è personale: decidiamo di affrontare o evitare la situazione di rischio in modo soggettivo.
Ogni nostra attività quotidiana è basata sulla percezione che noi abbiamo del rischio ed è il frutto di una sua conscia (o inconscia) valutazione. La percezione del rischio è fortemente influenzata dalle
emozioni relative alla scoperta di un nuovo pericolo e del possibile danno che può arrecare.

Per quanto sopra, coloro che vogliono comunicare un rischio, dovrebbero principalmente:

  • verificare le fonti delle informazioni, prima di divulgarle;
  • informare a 360° su cosa sia il rischio, quali le implicazioni;
  • “dare i numeri” in maniera completa: sospetti, accertati, guariti, immuni…;
  • favorire la cooperazione e la solidarietà (il virus, a differenza di noi, non discrimina).